La focara

Molti ancora oggi sono i paesi nel Salento che mantengono viva la tradizione della focara, termine dialettale che sta ad indicare un insieme di fascine che vengono bruciate. La nascita della focara non appare certa: potrebbe nascere dal giù citato terremoto, ma non si esclude una origine risalente ai culti pagani, poi riassorbiti e rielaborati, come tante altre tradizioni, dalla religione cristiana.

Il territorio salentino è noto per il suo basso rischio sismico; in passato però sono comunque stati registrati fenomeni di questo genere. Uno di questi è accaduto nel XIX secolo, precisamente nell'anno 1833. Così descrive il fenomeno tellurico Mario Baratta, nel suo libro "I terremoti d'Italia", Torino 1901, dove a pagina 374 scrive: "1833: al 19 gennaio, alle 4H 30m antimeridiane a Lecce forte scossa ondulatoria NE-SW, che destò gli abitanti e lesionò qualche edificio. Alle 5h antimeridiane altra scossa simile alla precedente. Furono sentite non lievemente a Foggia: si propagarono a Potenza, a Bari, ed in generale in molte località delle province meridionali, in taluna delle quali furono sentite lievi repliche".

Anche l'abate Teodoro Monticelli nelle sue "Opere" descrive questo avvenimento: "A 19 gennaio 1833 all'una antimeridiana nella Provincia di Lecce fu il primo terremoto. Alle ore 12 meno minuti 6 puranche dello stesso giorno fu il secondo alquanto più forte. Alle 12 ed un 1/4 fu il terzo, e fortissimo. Nel giorno 28 di quel mese alle 5 antimeridiane replicò con egual forza del giorno 19. Questo triplicato fenomeno si estese da Otranto a Brindisi, Monopoli, Bari, Trani e Barletta, cioè a tutta la costa dell'Adriatico sino all'ultima di quelle città, e parve che venisse dalla parte della Dalmazia. Ma in ogni giorno si credeva dal volgo esservi un piccolo movimento della terra per la fantasia scossa dalle antecedenti mosse, talchè la plebe ed i più timidi, specialmente le donne, più notti vegliarono fuori dalle case, sentendo quel tremuoto che realmente non avvenne. Tale tremuoto fu comune non solo alla parte della Provincia di Lecce sull'Adriatico, ma benanche a tutta quella di Bari, Trani, ec.; ed in questi e nei paesi loro contigui avvennero delle fenditure sensibili nelle mura delle Chiese e dè grandi edifizi, ma niuno ne fu rovesciato."

Da queste descrizioni è palese che quella notte è stata per molti paesi del Salento diversa da tante altre, anche perciò dagli abitanti del piccolo paese di Acquarica di Lecce; l'evento di quella notte, quasi all'alba, ha costretto gli abitanti, terrorizzati, ad abbandonare le proprie abitazioni per trascorrere la fredda notte all'aperto, in campagna, ed accendere per riscaldarsi dei falò. Così, intimoriti da eventuali repliche, trascorsero in questo modo anche la notte successiva, ma questo non avvenne grazie all'intercessione (ad Acquarica) di San Gregorio Nazianzeno, già protettore del paese. La venerazione del Santo ha infatti raggiunto il culmine dopo questo episodio; si narra appunto che gli abitanti Acquarichesi furono avvisati in tempo da San Gregorio, salvandoli così dall'azione distruttiva dell'evento. Dopo questo triste evento nasce ad Acquarica, come in numerosi paesi, la tradizione della focara, a ricordare quella notte e soprattutto un modo per ringraziare il Santo protettore; in passato i falò erano numerosi nel paese, oggi invece l'accensione è limitata ad un solo falò, la sera del 18 gennaio. Il falò ha una struttura tronco-conica, simile a quella delle pajare; composta da scarti di potatura degli alberi di ulivo legati in fascine.

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